Strano Reperto Archeologico - in Italia come in India

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    Uno sconcertante ritrovamento, avvenuto nei pressi del Monte Artemisio (Velletri – RM), getta innumerevoli spunti di riflessione sull’età della razza umana e sulla sua origine ancestrale, andando a considerare una retrodatazione storica delle popolazioni che hanno abitato l’area del Cratere Laziale in tempi immemori.

    Molto spesso la scienza ha voluto porre dei limiti alla storia umana, definendo datazioni talvolta improbabili, che non hanno voluto considerare moltissime delle prove storiche che il tempo ha saputo donare ai ricercatori di tutto il mondo, proprio in tale clima di ricerca, un reperto recuperato dal Dr. Daniele Cataldi (Fondatore dell’LTPA Observer Project e del Radio Emissions Project – www.ltpaobserverproject.com), sull’area del Monte Artemisio, comproverebbe il fatto che in epoche assai più remote di quelle considerate dall’odierna archeologia, vivevano popoli evoluti.
    In questi lunghi anni, aiutato dalla passione e dal coraggio di molti altri appassionati e ricercatori, l’autore della scoperta ha potuto osservare innumerevoli prove storiche che l’uomo di un tempo ci ha lasciato sottoforma di tombe, città dimenticate e necropoli presenti nel centro Italia, realizzate da mani sapienti che la scienza ufficiale non è ancora riuscita a identificare, se non attribuendogli quel nomignolo sempre spesso più utilizzato che risponde ai “Pelasgi”. I Pelasgi, un popolo del tutto sconosciuto, utilizzato sovente per descrivere popoli e civiltà antichissime di cui non si hanno notizie sufficienti per definirne sia l’origine che la cultura. Molte cose però essi ci hanno lasciato, tra queste: le mura megalitiche, che molti studiosi indicano come opera degli stessi Pelasgi, ma che come è ovvio, difficilmente sono ricollocabili in un contesto storico ed archeologico come quello oggi preso in considerazione e riconosciuto a livello accademico.

    Proprio in tale clima, dove il limite della storia non consente di definire bene epoche e civiltà, si colloca il ritrovamento che è oggi oggetto di uno studio intenso da parte dell’autore della scoperta e di altri (pochi) ricercatori.

    All’interno di un’area geografica che testimonia i segni di antiche civiltà datate al XVI secolo a.C. arrivando sino ai segni del passaggio dell’uomo paleolitico, raggiungendo i 2.5 milioni di anni fa (Paleolitico Inferiore), viene rinvenuto in data 16 Aprile 2013, un frammento di manufatto umano, ciò che rimane di un pezzo di argilla cotta, lavorata dall’uomo e risalente al XVI secolo a.C. la cui peculiarità non sta tanto nella manifattura, simile a quella di molti altri frammenti rinvenibili nell’intera zona del Monte Peschio e della Pilara, ma sta nel fatto che questo frammento abbia una delle due superfici maggiori, carbonizzata e vetrificata, tipico segno di un’esposizione ad un elevato calore che per diverso tempo ha prima asciugato e poi bruciato e vetrificato la sua superficie con effetti (la vetrificazione), che non è possibile ottenere per mezzo di rudimentali forni di cottura (progettati ed utilizzati dall'uomo del passato non prima di 8.500 anni or sono), e che comunque non sono in grado di raggiungere l’elevata temperatura di vetrificazione dell’argilla. Essa per essere determinata ha bisogno di almeno 1.200°C, un calore che non riesce nemmeno ad essere raggiunto da un grande incendio boschivo, la cui temperatura massima raggiunge “solo” gli 800°C. contro i 750°C raggiunti dai rudimentali forni a combustione vegetale, realizzati dall'uomo non prima di 8.500 anni or sono. Dunque a fronte di ciò, la domanda che Daniele Cataldi pone è la seguente: Chi e che cosa può aver vetrificato un frammento di argilla, se per sistema di vetrificazione intendiamo qualcosa prodotto artificialmente dall'uomo? E se si tratta di un fenomeno naturale quale tipo di fenomeno naturale può averlo prodotto? Beh, tale domanda pone certamente molti problemi tecnici e teorici non di facile risoluzione. Se parliamo di un fenomeno artificiale, non è possibile che l’uomo, almeno stando alle fonti storiche, abbia potuto vetrificare dell’argilla in un’epoca antichissima come quella relativa al XVI secolo a.C. proprio, come detto, per la mancanza della tecnologia che permetterebbe questo solo a partire da epoche assai più recenti. Il frammento è stato rinvenuto nel suolo, in un’area ben conosciuta dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, visto che alcuni anni fa, proprio a poca distanza da quel punto, venne rinvenuto un villaggio di epoca risalente proprio a tale periodo (XVI secolo a.C.). Il reperto dunque, essendo risalente a tale periodo storico, in cui l’argilla poteva essere solo cotta e non vetrificata, come è possibile che lo sia? Se consideriamo quindi che tale reperto sia da riferire a tale epoca, allora gli storici e gli studiosi devono riconoscere che l’uomo fosse in grado di farlo anche in quel periodo.

    Ma se invece non è possibile che l’uomo di quel tempo fosse in grado di vetrificare un frammento di argilla (ammesso che lo si facesse per un motivo specifico), cosa può aver prodotto tale modificazione fisica sul reperto? Dobbiamo allora andare a considerare una possibile spiegazione naturale, e in tale ambito la natura è in grado di determinare un tale effetto sull’argilla, anche se risulta estremamente difficile accettare una tale ipotesi. Sappiamo che uno dei fenomeni naturali più comuni in grado di fare ciò è un’eruzione vulcanica, ammesso che essa abbia prodotto della lava in quel punto della cresta vulcanica. Ma anche in questo caso, il reperto avrebbe dovuto entrare in contatto o essere a stretta vicinanza con un flusso di lava che raggiunge appunto i 1.200°C. Ma è proprio questo il punto, sappiamo che l’ultima eruzione del Cratere Laziale non è avvenuta prima di 19.000 anni or sono, quindi molto prima che l’uomo fosse in grado di cuocere dell’argilla (oltre 10.500 anni prima della data storica ufficiale).

    Tale considerazione, non certo peregrina proprio a fronte dei dati storici premessi che non possono essere ne smentiti ne sottovalutati, stanno destando molto stupore nei ricercatori e negli studiosi, che in questi giorni si trovano tra le mani tale reperto. Ma come al solito, e come spesso accade, sembra che l’archeologia non sia nuova a tale esperienza, visto che diverso tempo fa, vennero rinvenute altre prove di questo genere su cui l’ufficialità dell’archeologia e delle scienza in generale non vuole esporsi, tanto che su altri ritrovamenti di questo tipo non esiste alcun documento scritto, eppure molte persone che hanno lavorato a tali rinvenimenti (in passato), hanno avuto modo di testimoniare quanto avvenuto.

    Ci ritroviamo quindi a dover constatare nuovamente come la scienza ufficiale utilizzi sistemi di studio non idonei per la comprensione di tali reperti e come essa sia del tutto obsoleta, al giorno d’oggi, in un contesto di ricerca e di studio che pone spesso molte domande ed interrogativi ai quali, come sempre, non da alcuna risposta.

    La questione posta da tale ritrovamento, quindi pone le seguenti domande: la prima vede una retrodatazione delle civiltà “evolute” che a questo punto dimostrerebbero di saper vetrificare l’argilla in epoche risalenti al XVI secolo a.C., in seconda istanza, se tale ipotesi non potesse essere convalidata per il fatto che prima di quell'epoca nessun reperto (mostrante segni di vetrificazione) risulterebbe databile a tale periodo, allora dovrebbe essere considerata l’ipotesi naturale, che però andrebbe a “peggiorare” un riconoscimento storico ufficiale, che vede l’uomo di 19.000 anni fa, un nomade, non in grado di un’espressione scientifica tale da poter essere collocato nell'individuo che ha saputo realizzare quell'oggetto rinvenuto, proprio per una mancanza di conoscenze tecniche e scientifiche che solo dopo molti millenni avrebbe acquisito.

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    Foto macro del reperto

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    Foto microscopica

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    Foto microscopica

    In alto alcune fotografie del reperto rinvenuto dal Dr. Daniele Cataldi, nell’area archeologica del Monte Artemisio (Peschio e Pilara – Velletri RM).
    Rimane quindi un grande interrogativo, ma assieme ad esso anche un reperto reale che testimonia in maniera inequivocabile che qualcuno o qualcosa abbia agito su di esso. La cosa certa, malgrado le discussioni che tale reperto sta sollevando, è che il nostro passato presenta delle incongruenze evidentissime, e che reperti come questo (riscontrabili anche in altre aree del pianeta) lo dimostrano. Il 16 Aprile 2013, è per molti ricercatori una data importante, una data che getta le basi per uno studio innovativo che nei prossimi mesi donerà importanti ragguagli sulla natura stessa dell’uomo e sulla sua collocazione all’interno della storia.

    Fonti:

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    CARAFA 1995 CARAFA P., Officine ceramiche di età regia. Produzione ceramica d’impastoa Roma dalla fine dell’VIII alla fine del VI secolo a.C. Roma 1995 CASSANO ET AL. 1995 CASSANO M., MUNTONI I., CONATI BARBARO C. (a cura di), Dall’argilla al vaso. Fabbricazione della ceramica di una comunità neolitica di 7000 anni fa. Roma 1995 CIACCI 2002 CIACCI A., “I ‘palazzi’ di Poggio Civitate”, in CAMPANA S. (a cura di), Murlo. Carta Archeologica della Provincia di Siena. 5, 2002, 282-292
    CIACCI 2004 CIACCI A., (a cura di), Monteriggioni-Campassini. Un sito etrusco nell’Alta Valdelsa. Firenze 2004 CIACCI ET AL. 2006 CIACCI A., MORONI LANFREDINI A., “Sansepolcro (AR). Trebbio”, in Notiziario della Soprintendenza per I Beni Archeologici della Toscana. Firenze 2006, 370-374 COMINI c.s. COMINI A., “Le fornaci del Trebbio (Sansepolcro-AR): considerazioni tipologiche e contesti di riferimento, in Atti del Convegno Internazionale di Studi “Città di Montefiascone”, in Piana fiorentina, Valdarno e aree limitrofe. Studi recenti e nuovi dati dalla ricerca archeologica, Montefiascone, 28 maggio 2005, c.s. CRISTOFANI 1976 CRISTOFANI M., Città e campagna nell’Etruria Settentrionale. Arezzo 1976 CRISTOFANI 1976 CRISTOFANI M., Città e campagna nell’Etruria Settentrionale. Arezzo 1976 CRISTOFANI 1978 CRISTOFANI M., L’arte degli Etruschi. Produzione e consumo. Torino 1978, 131-segg. CRISTOFANI 1983 CRISTOFANI M., Gli Etruschi del mare. Milano 1983
    CRISTOFANI 1985 CRISTOFANI M. (a cura di), Dizionario della civiltà etrusca. Firenze 1985
    CRISTOFANI ET AL. 1984 CRISTOFANI M. ET ALII, Gli Etruschi. Una nuova immagine. Firenze 1984 CUOMO DI CAPRIO 1971-72 CUOMO DI CAPRIO N., “Proposta di classificazione delle fornaci per ceramica e laterizi in area italiana”, in Sibrium 11, 1971-72, 371-461 CUOMO DI CAPRIO 1985 CUOMO DI CAPRIO N., La ceramica in archeologia. Roma 1985
    CUOMO DI CAPRIO 2007 CUOMO DI CAPRIO N., Ceramica in archeologia 2. Antiche tecniche di lavorazione e moderni metodi d’indagine. Roma 2007 D’AGOSTINO 1998 D’AGOSTINO B., “A proposito di un’antefissa a gorgoneion da Chiusi”, in AAVV., In memoria di Enrico Paribeni. Roma 1998, 31-38; https://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F...ml&h=yAQFYQZoB; it.wikipedia.org/wiki/Vulcano_Laziale.
     
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    Ciao gran bella ricerca complimenti! Volevo chiederti se avevate già scartato l'ipotesi che un fulmine avesse potuto pietrificare l'argilla, sarebbe possibile secondo te? Grazie
     
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    la possibilità che un frammento di argilla sia colpito dalla scarica di un fulmine... dentro ad una capanna... sia quanto mai improbabile... di norma colpiscono gli alberi... e in questa zona c'è un bosco molto ampio. Il reperto si trovava sotto terra 1.5 metri...
     
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    Interessante il tuo ritrovamento, Daniele. Analogamente all'India, dove il processo di vetrificazione però (a Mohenjo Daro) viene ipoteticamente ascritto ad una battaglia con armi atomiche e veicoli volanti (Vimana). In ogni caso l'incongruenza tra temperatura raggiunta e possibile epoca pone un serio interrogativo sulla storia stessa dell 'uomo. La storia andrà riscritta, penso anche alle piramidi bosniache.
     
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  5. pietra blu
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    Complimenti !!! V2zLqV3
     
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    Nel solco di quanto scritto in precedenza, vi posto un articolo che riassume alcuni ritrovamenti che supportano la teoria della ri-scrittura della ns storia: http://noiegliextraterrestri.blogspot.it/2...i-uomo.html?m=1

    Edited by Daniele Cataldi - 9/12/2013, 14:07
     
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    Diciamo che le OOPART sono ben conosciute da diversi anni, e il link ne mostra diversi... nella mia zona ad esempio quando costruirono la via dei Laghi a ridosso del Lago di Castel Gandolfo... facendo esplodere un promontorio lavico per allargare la suddetta strada venne sbalzato uno strano vaso metallico che poi la soprintendenza portò via... era contenuto dentro ad una colata lavica di migliaia di anni fa... decine di migliaia di anni fa.
     
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6 replies since 26/11/2013, 20:48   312 views
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