Vulcanologia

Notizie e studi sui fenomeni Vulcanici in Italia e nel Mondo

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  1. Giuseppeco.
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    "Mi posi all'opera piu fiducioso che mai convinto che nulla assolutamente nulla avviene a caso nell'Universo" Raffaele Bendandi

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    Per rendere ancora più completa questa sezione apro questa discussione sui fenomeni vulcanici dove incanalare le notizie e i vari metodi di approccio e di studio, penso che parlando di Vulcani non si possa iniziare altro con il Vesuvio!

    www.corriere.it/scienze/13_aprile_1...c6d76e49d.shtml

    Ecco una parte dell'articolo!

    Anche ai giorni nostri, caratterizzati da un massimo interglaciale come 120 mila anni fa, si registra una favorevole tendenza alla risalita del magma che noi esseri umani stiamo perpetuando. Agendo infatti sul clima e contribuendo al riscaldamento totale, allunghiamo il periodo di interglaciazione e modifichiamo le risposte all’interno della terra. In altre parole favoriamo le attività vulcaniche. «È tuttavia affascinante constatare che effetti legati a grandi eventi a carattere globale che producono movimenti verticali del suolo di decine di centimetri all’anno nelle aree circumpolari possano essere registrati anche alle nostre latitudini», dice Marturano. Questo legame ribadisce quanto i vulcani in genere siano i più sensibili rivelatori dei cambiamenti tettonici profondi.

    Ed inserisco anche questo articolo in cui si parla di uno studio sul Vesuvio andato in onda sulla CNN qualche anno fa...

    www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=7403

    "È questo un algoritmo che è stato applicato per la prima volta nel 1928 dal professor Giuseppe Imbò, che è stato successivamente Direttore dell'Osservatorio Vesuviano».
    «Applicando il medesimo algoritmo di Imbò, menzionato più sopra, anziché sull'arco di 5-6 secoli sulla scala degli ultimi due millenni, si è trovata una ricorrenza ciclica (strutturata) (figure 3b e 3c) secondo la quale se il Vesuvio ha iniziato un nuovo "tridente" nel 1944, la prossima eruzione dovrebbe avvenire attorno al 2015÷2029. Dall'analisi della morfologia delle eruzioni, si è poi trovato anche che a conclusione o di un "primo" o di un "terzo dente" di ogni "tridente" si è sempre verificata un'eruzione sub-PIiniana. Dato che la prossima eruzione concluderebbe un "primo dente", dovrebbe dunque essere sub-Pliniana. "



    Visto che il sito dove era stato pubblicato l'articolo e stato chiuso ed il link non è più funzionante, quasi miracolosamente sono riuscito a copiare il testo dell'articolo ed e veramente importante che almeno rimanga sul nostro Forum come memoria storica di un eventuale evento futuro.
    Posso testimoniarvi che è veramente diventato difficile trovare informazioni in rete sull'algoritmo di Imbò relativo al Vesuvio.


    ULTIMI STUDI SCIENTIFICI SUL RISCHIO VESUVIO

    di GIORGIO PRINZI

    Il Vesuvio potrebbe dare luogo ad un'eruzione catastrofica, simile a quella del 79 d.C., tra il 2015 ed il 2030. Su cosa si fonda una previsione così precisa, ma al tempo stesso così generica ed indeterminata per poterla utilizzare come preallarme, ad esempio per evacuare in tempo la zona?
    Alla fine degli anni settanta Quaderni Radicali promosse un convegno su "Il rischio Vesuvio". Di recente ne ha parlato Agenzia Radicale (Rischio Vesuvio: la Cnn denuncia pericoli e scelte politiche; 5 ottobre 2007, cronaca); chi scrive ha trattato l'argomento anni orsono con tre articoli pubblicati (L'opinione) l'8 ed il 9 ottobre, il 22 novembre 1997.

    L'interesse all'argomento nacque per chi scrive da un incontro con il professor Giovanni Gregori, un fisico dell'atmosfera che si era interessato di fenomeni vulcanici.
    Il professor Gregori aveva notato che le curve d'intensità di alimentazione di Etna e Vesuvio relative agli ultimi sei secoli risultavano correlate e che lo erano, entrambe e senza alcun ritardo di fase, con l'andamento dell'attività solare. Mentre la prima correlazione era sotto certi aspetti attendile, non lo era affatto la seconda di cui, peraltro, solo uno studioso di fenomeni astrofisici poteva accorgersi.
    L'analisi, ripetuta per tutti i vulcani del mondo (in totale altri trentasei) di cui si disponeva di dati (almeno trenta eruzioni in periodo storico) di lungo periodo, portò a riscontrare che esisteva una sincronia planetaria delle rispettive sorgenti di alimentazione termica. Venivano così a cadere tutte le preesistenti ipotesi sui meccanismi di formazione e di alimentazione dei vulcani. Il fenomeno doveva essere spiegato in modo diverso, secondo una teoria, detta dello "effetto dinamo", di cui sentii allora per la prima volta parlare.
    Le sonde Pioneer nel 1973 e Voyager nel 1979 hanno rilevato che Giove emette sotto forma di radiazione più del doppio dell'energia che riceve dal Sole. Essendo la sua massa troppo piccola per consentire l'innesco di reazioni termonucleari, quali quelle che hanno luogo nel Sole, il fenomeno deve venire spiegato in altro modo. Al fenomeno è stato dato l'immaginifico nome di "effetto dinamo", perché in analogia di quanto avviene con una dinamo, rotazioni relative all'interno dei nuclei planetari "elettrizzati" generano un flusso di emissioni. L'effetto dinamo sarebbe una caratteristica anche della Terra, alla stregua di tutti i pianeti che hanno al loro interno nuclei fluidi elettricamente carichi.
    A completare il quadro del fenomeno le osservazioni delle sonde Voyager in relazione ad "Io", una delle lune di Giove. Io si rivelò essere il primo corpo conosciuto del Sistema solare a manifestare un'attività vulcanica, simile a quella terrestre. Tale attività viene attribuita alle sollecitazioni gravitazionali cui il satellite è sottoposto. Paragonabile per dimensioni alla Luna, Io viene continuamente sollecitato e "stirato" da un lato dall'attrazione gravitazionale di Giove, dall'altro da quella dell'omologo satellite Europa, che orbita a distanza ravvicinata con un periodo di circa 84 ore. Si ritiene che la sua attività vulcanica, sia dovuta al surriscaldamento del nucleo del corpo satellitare in seguito alla forze di trazione indotte dall'alternanza delle sollecitazioni gravitazionali.
    Sulla Terra il fenomeno sarebbe più complesso, comunque più sfumato nelle cause e con cicli di lungo e lunghissimo periodo. Ad influenzarlo dovrebbero essere fenomeni gravitazionali, dipendenti dalla posizione del sistema solare, quindi della Terra, nell'Universo, e dalle caratteristiche della zona spaziale attraversata, quali il cosiddetto "Serbatoio di Oort", in grado di alimentare con più intensità la "fornace solare", di conseguenza l'intensità dell'effetto dinamo sul nucleo fluido terrestre, con conseguenze su tutti i fenomeni fisici terrestri che l'estensione delle ricerche ad altre discipline, quali la climatologia, l'oceanografia, la fisica dell'atmosfera, comincia a rilevare.
    In particolare, per l'attualità del tema a seguito del conferimento del "Premio Nobel" ad Al Gore ed al "Cartello Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici" (IPCC, nell'acronimo inglese), vogliamo richiamare l'attenzione sul fatto che sui fondi marini si trova scritta la storia delle variazioni climatiche ricavata analizzando il contenuto dell'isotopo pesante dell'ossigeno (O18) con l'ossigeno-16 (O16) nei sedimenti fossili di foraminiferi, forme di vita unicellulari che costituiscono parte del plancton oceanico.
    Il carbonato di calcio contenuto nel guscio dei molluschi fossili presenta quantità variabili di ossigeno 18, a seconda che l'organismo sia vissuto in acque calde o fredde. Misurando le quantità di questo isotopo nei fossili contenuti negli strati sedimentari è pertanto possibile ricostruire l'andamento dei climi nel corso della storia geologica. Queste variazioni potrebbero essere state causate dalla variazioni del flusso del calore di origine endogena, che si può supporre ingenerato dal cosiddetto "effetto dinamo".
    Un altro metodo si basa sulla misura del rapporto tra gli isotopi dell'Ossigeno 16 e 18 nei ghiacci perenni. Il rapporto della loro quantità nella neve (e quindi poi dei ghiacciai) dipende dalla temperatura media annuale.
    I carotaggi fossili hanno anche dimostrato un andamento sincrono tra variazioni di temperatura e contenuto di anidride carbonica (CO2) nell'atmosfera terrestre, ma senza essere sinora in grado di stabilire se esista un nesso di causalità o di semplice concomitanza dei fenomeni. Chi scrive propende per questa seconda ipotesi.
    La figura mostra l'andamento della concentrazione di CO2 in ppm (parti per milione) e della sincrona variazione di temperatura negli ultimi 400.000 anni. La presenza antropica è divenuta significativa solo negli ultimi due secoli, con un impatto crescente a seguito delle emissioni di anidride carbonica dovute a combustione di idrocarburi. Se l'ipotesi che la sua concentrazione nell'atmosfera, a partire dalla rivoluzione industriale, sia legata alla produzione di energia da idrocarburi e carbone appare plausibile, è assolutamente da escludersi per i millenni precedenti nei quali l'impatto antropico era irrilevante sotto questo profilo. Colpa dei dinosauri?
    Fatta questa digressione su una questione di attualità, che sta facendo discutere, in quanto si ipotizzano intrecci politici, economici, geopolitici e geostrategici, torniamo al caso Vesuvio, in particolare alla sua ciclicità, riscontrata da tempo, anche se non spiegata nelle cause e non correlata alla generalità dei fenomeni geofisici, comprese le variazioni climatiche, che a tal punto appaiono come influenzate dagli astri. Gli antichi, grandi osservatori del cielo, ci avrebbero visto giusto, anche se avevano spiegato il fenomeno con una interpretazione superstiziosa e non scientifica.
    Facciamo parlare il professor Giovanni Gregori, riportando integralmente stralci dalla sua relazione agli Atti del Convegno dell'Istituto "Luigi Sturzo" sul tema "Clima come storia e come storiografia", svoltosi nel novembre 1994.
    A proposito del Vesuvio, il cui ciclo si espleta in tre fasi che delineano un grafico con l'andamento a "tridente", si legge: «Si condiderino gli intervalli di tempo che intercorrono fra due successive eruzioni di un medesimo vulcano, e si constati come ci siano intervalli (o di numerosi decenni o di secoli) durante i quali le eruzioni si susseguono con ritmo relativamente frequente, intercalate da altri intervalli durante il quale il tempo intercorso fra due eruzioni successive è molto lungo. Il grafico relativo mostra molto chiaramente una regolarità che alterna cicli di maggiore e minore attività (figura 3a). È questo un algoritmo che è stato applicato per la prima volta nel 1928 dal professor Giuseppe Imbò, che è stato successivamente Direttore dell'Osservatorio Vesuviano».
    «Applicando il medesimo algoritmo di Imbò, menzionato più sopra, anziché sull'arco di 5-6 secoli sulla scala degli ultimi due millenni, si è trovata una ricorrenza ciclica (strutturata) (figure 3b e 3c) secondo la quale se il Vesuvio ha iniziato un nuovo "tridente" nel 1944, la prossima eruzione dovrebbe avvenire attorno al 2015÷2029. Dall'analisi della morfologia delle eruzioni, si è poi trovato anche che a conclusione o di un "primo" o di un "terzo dente" di ogni "tridente" si è sempre verificata un'eruzione sub-PIiniana. Dato che la prossima eruzione concluderebbe un "primo dente", dovrebbe dunque essere sub-Pliniana.
    L'ultima di tal fatta risale al 1631, provocò fra 2.000 e 10.000 vittime, che fu un gran numero considerando la ridotta densità abitativa dell'epoca. Vennero eruttati circa 0.35km3 di materiale prevalentemente nell'arco di 30 ore, durante le quali un'"alluvione" violenta e rapidissima di fango rovente investì soprattutto il versante occidentale del vulcano, fino a modificare la linea di costa del Golfo di Napoli.
    Quanto all'affidabilità di questa "previsione", va detto che l'occorrere dell'evento in un futuro imprecisato è un fatto da anni previsto e paventato da tutti i vulcanologi più autorevoli. La novità della "previsione" sta piuttosto nell'aver fornito un'indicazione temporale molto circostanziata. L'indeterminazione di 14 anni è poca cosa, considerando che un ciclo del Vesuvio ha una durata dell'ordine di 7 secoli, ed un errore di 14 anni è solo del 2%. Cicli di durata confrontabile, o comunque plurisecolare, sono stati riportati a posteriori anche in occasione di altre recenti eruzioni molto violente di altri vulcani (Unzen, Pinatubo).
    La "previsione" per il Vesuvio si basa su una presunzione di ragionevole regolarità del fenomeno, in base alla quale se il Vesuvio ha già completato due di tali cicli plurisecolari, è nella logica stessa del metodo scientifico attendersi che ne stia preparando un terzo. Tutto ciò deve dunque venire accettato come ragionevole ed attendibile, almeno finché non si sappiano addurre ragioni oggettive che possano far presumere che qualcosa sia cambiato nei meccanismi che alimentano il vulcano. Finché qualcuno non avanzi una qualche convincente ipotesi di tal fatta, comunque motivata, deontologicamente il geofisico non può esimersi dall'aspettarsi l'evento malaugurato. L'evento va temuto, ed è realistico paventarlo per quella data approssimativa (ma potrebbe anche anticipare o posticipare di qualche anno, peraltro con minor probabilità di occorrenza)».
    All'epoca qualcuno giudicò i miei scritti, che esponevano le teorie del profesor Gregori, alquanto allarmistici. C'è un esplicito riferimento a ciò nel pezzo del 22 novembre 1997. Comunque, l'allarme era stato dato ed oggi il Vesuvio è uno dei siti terrestri più attentamente e puntigliosamente sorvegliati. Su di esso vigila anche un satellite, perché l'unico vero segno premonitore che un'eruzione è prossima è un lieve sollevarsi del cratere, talmente piccolo da non potere venire rilevato da terra persino con i più sofisticati strumenti, mentre non sfugge all'osservazione di particolari strumenti satellitari detti interferometri.
    Oggi che il duplice servizio della CNN è tornato sull'argomento, ipotizzando l'eventualità di un'eruzione persino più disastrosa di quella del 79 d.C., sia pure con un rischio non temporalmente allocato, tornano di attualità le teorie e le previsioni del professor Gregori. Se, come sembra, il rischio di una disastrosa eruzione nel volgere massimo di un paio di decine di anni appare credibile e razionale, probabilmente anche a seguito degli studi e dei rilievi che si sono fatti in questi anni (l'allarme del professor Gregori non è stato ignorato), ci si deve chiedere se i piani di evacuazione approntati sono adeguati ad un'emergenza di questa portata, ed, in particolare, se Autorità locali e popolazione sono pienamente consapevoli del rischio e della sua portata e, magari, non abbiano invece vissuto come una sorta di eccentrica festa le esercitazioni che pure si sono fatte a riguardo.
    Allora si pone nuovamente il problema. L'informare del rischio di una catastrofe ritenuta ragionevolmente ipotizzabile significa fare allarmismo? Certo occorre grande responsabilità nel farlo e, a tal punto, il compito trascende persino il dovere di informare e la responsabilità nell'informare di noi giornalisti.
    Però, se gli studi, i dati e le osservazioni di questi ultimi anni, pur non dandone la certezza, portano a collocare il rischio di una nuova catastrofica nel volgere di qualche decennio, la popolazione, con tutte le cautele e senza allarmismi, deve, comunque a nostro avviso, venire correttamente ed esaurientemente informata. Un compito di cui le Autorità devono farsi carico nell'ambito dell'approntamento dei piani d'emergenza.

    Fonte www.agenziaradicale.com

    Edited by Giuseppeco. - 8/5/2017, 17:52
     
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14 replies since 30/12/2013, 20:21   411 views
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